
Il Latte di Primavera: l’Oro Bianco del Pecorino Gran Riserva
Quando la primavera scaccia via l’inverno e le temperature si fanno più miti, il pascolo esplode in tutta la sua ricchezza!
Accanto all’erba comune, compaiono trifogli e sulla, che diventano componenti fondamentali dell’alimentazione delle pecore. Il pascolo rimane tenero, dolce, e le pecore si godono appieno questo momento unico dell’anno. Verso la fine di aprile e per tutto maggio, trifogli e sulla entrano in fioritura: i loro fiori rappresentano una vera delizia per gli erbivori.
Questa straordinaria varietà di foraggi si riflette anche nella qualità del latte, che diventa particolarmente ricco di grassi e caratterizzato da forti sentori di erba verde fresca. In questo periodo, anche la produzione di latte raggiunge il suo picco annuale. Con una media di 1,3 litri di latte al giorno per pecora — un livello massimo per la razza sarda — possiamo davvero parlare del miglior latte dell’anno. Le temperature intorno ai 20°C sono perfette per la produzione di un latte di qualità eccellente. (Non a caso, un tempo, i mezzadri della Val d’Orcia mungevano le pecore solo tra marzo, aprile e maggio, per produrre il famoso Pecorino di Pienza, utilizzando il caglio vegetale ottenuto dal cardo mariano raccolto l’anno precedente. Ma questa è un’altra storia, che merita un approfondimento con un articolo dedicato).
Con questo prezioso latte primaverile, scegliamo di produrre il nostro Pecorino Gran Riserva.
Per una singola forma servono ben 100 litri di latte! Se considerate che una pecora produce circa 1 litro di latte al giorno … è necessario il latte di 100 pecore per poter produrre una forma di Pecorino Gran Riserva!
Essendo un formaggio destinato a una lunga stagionatura — oltre uno, ma preferibilmente due anni — il latte “dolce” della primavera è ideale per sviluppare i suoi profumi complessi, che spaziano da note di noci fino a sentori di burro.
La Lavorazione: Arte e Pazienza
La lavorazione del Gran Riserva richiede grande attenzione, soprattutto nella fase di separazione della cagliata dal siero. Otteniamo una cagliata finissima, simile a chicchi di riso, che consente una divisione perfetta tra parte solida e liquida. La cagliata rimane immersa nel siero per circa un’ora, durante la quale viene costantemente movimentata e riscaldata progressivamente da circa 35°C fino ad almeno 45°C.
Successivamente viene raccolta e pressata sotto siero, un passaggio fondamentale per evitare la formazione di bolle d’aria all’interno della forma.
Una volta compattata, la massa viene sollevata e trasferita in speciali forme di plastica, decorate con il disegno del canestro tradizionale. In passato, prima dell’uso della plastica, si utilizzavano veri canestri in vimini, capaci di sostenere anche il peso importante di queste forme, che possono arrivare fino a 15 kg.
La cagliata, sistemata nelle forme, viene pressata per alcune ore con un peso pari almeno a quello della forma stessa, girandola frequentemente per favorire una pressatura uniforme.
Anche la temperatura ambientale del caseificio, ormai intorno ai 20°C, aiuta a facilitare lo spurgo del siero, condizione fondamentale per ottenere una struttura perfetta.
Salatura e Stagionatura: la Nascita del Gran Riserva
Il giorno successivo alla produzione, le forme vengono immerse in salamoia satura (20% di sale) per diversi giorni, a seconda del peso. Dopo la salatura inizia il lungo percorso di stagionatura.
Dopo circa un mese, trasferiamo le forme in una grotta naturale situata ad Acquapendente, nel Lazio. Qui, un microclima unico e una flora batterica particolare accompagnano le forme in una maturazione lenta e profonda, impossibile da replicare nelle celle frigorifere.