
L’avventura sensoriale con il nostro Formaggio a Crosta Lavata
Formaggio Crosta Lavata biologico da latte crudo di Pecora
Oggi vogliamo approfondire il “trattamento delle croste” e come si sviluppa la crosta tipica del formaggio denominato “Formaggio a crosta lavata”.
Abbiamo già sottolineato più volte quanto il latte, soprattutto quello proveniente da un pascolo ricco e naturale, sia fondamentale per ottenere un formaggio di qualità.
Ma non dimentichiamo che anche la trasformazione del latte in formaggio gioca un ruolo cruciale nel definire la consistenza e le caratteristiche del prodotto finale. Che si tratti di un formaggio duro, morbido, cremoso o asciutto, ogni passaggio della lavorazione influisce sul risultato.
E poi c’è la stagionatura, un aspetto spesso sottovalutato ma di enorme importanza.
Le condizioni in cui avviene (grotta, fossa, frigorifero o addirittura in alta montagna o nella pianura) e il trattamento delle forme sono determinanti.
O lo Ami o lo Odi!
Prima di tutto, prepariamoci a un fatto importante: la crosta lavata è un tipo di formaggio che o si ama, o si odia. Durante le nostre degustazioni dei formaggi prodotti nel nostro caseifici di Podere Il Casale, abbiamo spesso visto clienti commentare: “Tutto ottimo, ma questo formaggio – No – è troppo per me”.
I pezzi di formaggio a crosta lavata, tendono ad avere una consistenza collosa e una crosta che va dall’arancione al rosa e spesso rimangono sul tagliere come degli orfani!
Al contrario, c’è anche una piccola, ma entusiasta, parte dei nostri clienti che esprime il proprio apprezzamento dicendo: “Tutto ottimo, ma questo formaggio – SPACCA!”.
E, infatti, di solito non rimane traccia sul tagliere di questo formaggio cremoso.
Ma come si fa un formaggio a crosta lavata?
Come suggerisce il nome, un formaggio a crosta lavata viene sottoposto a un trattamento che prevede il lavaggio delle forme. Questo trattamento è normale per la maggioranza dei formaggi, dove si può lavarli più o meno spesso. Ma attenzione: non si tratta di un’operazione fatta una sola volta. In genere, la lavatura inizia subito dopo la salatura, che avviene a secco, e prosegue quotidianamente per un paio di settimane.
Questo processo consente alla crosta di svilupparsi in modo particolare e di assorbire quei profumi intensi, amati o odiati, che caratterizzano il formaggio a crosta lavata.
Perché questo trattamento?
La lavatura serve principalmente a eliminare le muffe naturali che si formano durante la stagionatura.
Immaginate che, inizialmente, un casaro particolarmente pignolo possa aver lavato troppo frequentemente le sue forme, scoprendo che, anziché restare pulite, le croste si ricoprivano di una sostanza vischiosa e rossiccia.
E così, la leggenda vuole che molti formaggi a crosta lavata abbiano visto la luce nei monasteri di Francia e Germania, dove i monaci lavavano con ancora più frequenza le forme, e le croste si trasformavano in una sorta di melma rosso-arancio.
Alcuni paesi, come Francia, Germania e Stati Uniti, amano particolarmente questo tipo di affinatura. In Italia, invece, il Taleggio è probabilmente l’unico formaggio che gode di grande popolarità in questa categoria, anche se, come ben sappiamo, la Fontina subisce una breve fase di crosta lavata all’inizio, per poi evolversi in una stagionatura più asciutta.
Il nostro Pecorino a crosta lavata, ad esempio, è pronto dopo circa sei settimane di stagionatura, ma se lasciato troppo a lungo rischia di trasformarsi in una crema che si disperde, lasciando la crosta vuota!
Ma che cosa succede preciso sulla crosta lavata?
La chiave della crosta lavata è nel lavaggio stesso. Le soluzioni utilizzate per il lavaggio possono variare: acqua e sale, siero e sale, siero fermentato, birra o soluzioni a base di erbe e fiori.
La composizione della soluzione influisce direttamente sulla formazione della crosta, che si arricchisce dei lieviti, delle muffe e dei batteri che si trovano naturalmente nell’ambiente umido.
Tra questi, il protagonista indiscusso è il Brevibacterium linens, un batterio responsabile, tra le altre cose, dei “piedi puzzolenti” degli esseri umani. In alcune lingue viene chiamato proprio “piedi di formaggio”.
Un po’ inquietante, forse, ma è importante ricordare che tutte le fermentazioni sono processi di decomposizione.
La crosta lavata si sviluppa particolarmente bene nei mesi più freddi, quando l’umidità è maggiore e il clima fresco favorisce la crescita di questa microflora.
D’estate, invece, nel nostro caseificio in Val d’Orcia, la microflora va in “standby”, per tornare attiva non appena il clima diventa nuovamente favorevole.
Un aneddoto che ci piace condividere riguarda Ulisse, il nostro casaro, che vent’anni fa, quando il nuovo caseificio è stato attivato, ha vissuto la stessa esperienza dei monaci descritti sopra. Ogni anno, quando le celle frigorifere venivano accese a fine marzo, la microflora della crosta spariva, lasciando solo un formaggio più asciutto e meno vischioso.
In un mondo sempre più sterile e uniforme, è importante ricordare che i formaggi più interessanti non nascono in ambienti sterili. La microflora naturale e la cura del casaro sono essenziali per ottenere un formaggio che racconta la storia del suo territorio e delle sue tradizioni.
E così, anche se il nostro pecorino a crosta lavata non è per tutti, è sicuramente un’esperienza sensoriale unica, apprezzata da chi sa apprezzare i suoi profumi e la sua consistenza particolare.
Ma una cosa è certa: ogni assaggio è un viaggio nel gusto, e questo non può che essere un bene!
A tutti coloro che amano questo formaggio, facciamo i nostri complimenti; a chi non lo ama, le nostre condoglianze.